Le misure dispensative sono scelte didattiche. Esse permettono all’alunno con DSA di evitare delle prestazioni scolastiche che potrebbero rivelarsi fallimentari a causa del disturbo. Le misure dispensative sono quindi interventi che consentono al bambino di affrontare con più serenità il proprio percorso di apprendimento. Si pensi alla dispensa dalla lettura in classe ad alta voce. Un bambino dislessico che decodifica le parole tramite sillabe, non trae alcuna utilità nel leggere un lungo brano. L’esercizio per via del disturbo comporterebbe per lui un eccessivo affaticamento cognitivo con una ricaduta negativa a livello emotivo.
Le misure dispensative vengono indicate in un primo momento dai clinici che redigono la diagnosi. Successivamente gli insegnanti stilano il Piano Didattico Personalizzato, all’interno del quale scelgono le misure dispensative più adatte, sulla base delle loro osservazioni e valutazioni.
L’alunno con DSA può essere dispensato:
- dalla lettura in classe ad alta voce
- dai tempi standard per lo svolgimento delle prove di verifica
- dallo studio mnemonico (tabelline, poesie, formule, verbi, definizioni)
- dal copiare dalla lavagna
- dal prendere appunti
- dall’uso del vocabolario.
È sempre utile dispensare un bambino con Disturbo Specifico dell’Apprendimento da determinate prestazioni?
Le misure dispensative riportate sopra sono solo alcuni esempi. L’adozione di una misura di dispensa può variare nel tempo. Possono verificarsi dei cambiamenti di esigenze, ad esempio da un anno all’altro o nel passaggio da un ordine di scuola a quello successivo.
Generalmente dispensare da determinate prestazioni permette di abbassare il livello di ansia, che può essere generato da alcune richieste scolastiche. Proviamo a pensare a quanto può risultare difficoltoso per un bambino dislessico utilizzare il vocabolario cartaceo. La mancata automatizzazione della lettura e le difficoltà nel memorizzare l’ordine alfabetico rendono la ricerca di parole sul dizionario tradizionale estremamente faticosa e frustrante.
Per l’adozione delle misure dispensative è però importante valutare con ponderatezza ogni singola situazione, calibrando il loro utilizzo sugli effettivi bisogni del bambino. Una misura di dispensa potrebbe risultare necessaria e vantaggiosa per un alunno, ma riduttiva per un altro. Bisogna considerare che dispensando quando non è effettivamente necessario, si rischia di rafforzare la percezione negativa che il bambino ha di sé. Risulta fondamentale considerare la motivazione con cui l’alunno affronta le attività scolastiche. Se vuole provare a svolgere un compito nonostante le difficoltà che potrebbero emergere, è opportuno permettergli di farlo. Ci sono bambini con forme lievi di dislessia che, se si sentono accettati e sostenuti dai compagni della loro classe, chiedono in modo esplicito di leggere ad alta voce.
Non bisogna inoltre pensare che un alunno con DSA debba esercitarsi di meno rispetto ai compagni. Il bambino deve imparare che ha dei diritti, ma anche dei doveri: si deve impegnare. Gli adulti, dal canto loro, devono sostenerlo ed effettuare richieste adeguate, senza mai dimenticare la presenza del disturbo. Ad esempio, chiedere ad un alunno dislessico di eseguire un compito di grammatica in cui ci sono parecchie istruzioni scritte equivale a metterlo in difficoltà. In tal caso invece di prevedere misure dispensative, sarebbe più proficuo dargli la possibilità di lavorare sugli stessi esercizi dei compagni. Potremmo ristrutturare il compito e presentare l’attività nella maniera a lui più accessibile. Come? Rducendo le istruzioni da leggere.
E il potenziamento delle abilità scolastiche deficitarie?
Insomma, le misure dispensative possono essere di aiuto a bambini con DSA, a patto che la loro applicazione sia preceduta da un’accurata analisi delle caratteristiche del disturbo, delle difficoltà e delle esigenze individuali.
Deve essere chiaro tuttavia che esse non rappresentano la soluzione ai problemi causati da un Disturbo Specifico dell’Apprendimento. Diventati adulti, sarà difficile essere dispensati da determinate attività. Allora non dimentichiamo il ruolo della didattica. Vale la pena di investire tempo ed energie su interventi didattici di potenziamento delle abilità scolastiche carenti.
Le neuroscienze riconoscono la plasticità del cervello: esso non è immodificabile. Come sostiene la Professoressa Daniela Lucangeli dell’Università di Padova:
“Le esperienze di apprendimento modellano le funzioni cerebrali. Si tratta della cosiddetta “plasticità neurale”, una caratteristica specifica del cervello umano, che gli permette di adattarsi all’ambiente; infatti, è ormai provato che il sistema neuropsicologicobasale si organizza in maniera da rispondere agli stimoli ambientali e di istruzione».”
Con il potenziamento si offre al bambino l’opportunità di sviluppare al massimo il suo potenziale e di sentirsi più efficace, aspetti che non dovrebbero essere sottostimati.
Riferimenti bibliografici
Fogarolo F. – Ambrosini M. Costruire il Piano Didattico Personalizzato Uno strumento per migliorare e semplificare la redazione del PDP per gli alunni con DSA – Difficoltà di Apprendimento e Didattica Inclusiva Vol. 1, n. 2, dicembre 2013
Perini N. – Lucangeli D. Meglio potenziare che dispensare in Sim Dossier n. 8 aprile 2014